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TRADUZIONE LETTERALE
DEI PRIMI OTTO CAPI DELL’ ANTOLOGIA
(Vedi la Prefazione).
I. IL RE HÒSHENG.
(Vedi l’Zn4roduzione premessa al testo).
Siyàmek fortunato aveva un figlio che presso l’avo
suo (Gayùmers, padre di Siyàmek, primo re e primo
uomo, v. il Vocad.) teneva il postò di consigliere. Di gesto
valoroso il nome era Hòsheng; tu diresti che eg? era la
Prudenza e l'Avvedutezza 72 persona. Presso all’ avo
suo egli era come un ricordo del padre suo (Siyàmek, il
padre di Hòsheng, era stato ucciso dal Dévo Nero), e
quest avo l'aveva allevato nel suo grembo. L’avo (ask
dipende da 4&shtî) lo teneva in luogo del figlio, e, fuor
di lui, non poneva su nessun 4/#r0 gli occhi (sing.).
Allorquando egli pose il cuore (pensò, ebbe intenzione)
alla vendetta ed alla guerra (per vendicar la morte di
Siyàmek), chiamò @ sè quel valoroso Hòsheng, tutte
le cose che dovevano avvenire, a lui raccontò, tutti
i secreti gli aprì dall’ intimo del?’ animo, dicendo: lo
voglio fare (radunare) un esercito, voglio levare un grido
dî guerra. A te intanto esser conviene il capitano,
poichè io sono per andare (cioè son vicino a morire,
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>> 240 -<
sono vecchio e non posso sostener la fatica di guidare
un esercito) e tu sei novello (giovane) capitano.
Così egli (Gayùmers) radunò Perî (v. il Vocad.),
pantere e leoni, tra gli animali sbrananti radwxò lupi e
tigri coraggiose (Gayùmers qui raccoglie nel suo eser-
cito anche le fiere, e ciò in forza del concetto che il
male rappresentato dai Dévi si fa sentire a tutte le crea-
ture, e però tutte, comprese le fiere, devono combatterlo!
secondo le loro forze). xa wx esercito di animali e di
uccelli e di Perî, e il capitano frecedeva con lorica e valore.
Dietro al tergo dell'esercito stava re Gayùmers, e il
nipote suo (Hòsheng) andava innanzi con l'esercito.
Venne allora il Dévo Nero frero di terrore e sgomento,
e intanto fino al cielo ee/ spargeva (sollevava) la polvere;
per gli urli delle fiere laceranti (armate d’artigli) le branche
(al sing.) del Dévo restarono rintuzzate agli occhi del re
del mondo (Gayùmers). Ambedue le schiere caddero
insieme (si scontrarono), e i Dévi furono oppressi (sgomi-
nati) dalle fiere (dell esercito di Gayùmers). Hésheng
allora, come leone, allungò la mano, e fece angusto il
mondo (frase iperbolica per dire: ridurre all’ estremo
qualcuno) al maligno Dévo; gli trasse da capo a piedi
tutto insieme un vincolo di cuoio (lo legò da capo a
piedi); il capitano (Hòsheng) gli troncò quella testa senza
pari (orribile più di ogni altra); lo gettò ai suor piedi e
lo calpestò ignominiosamente, dopo avergli (lett. sopra di
lui) lacerata la pelle, dopochè ogni cosa fu ridotta al-
l'estremo fer lu.
Quando Gayiémers riuscì guale esattore di quella
vendetta, giunse per Gayùmers la vita alla fine. Egli
se ne andò (morì), e #/ regno del mondo rimase di lui
come eredità; e fx osserva a chi mai dopo di lui toccherà
un s?107le onore. Egli occupò (dominò) il mondo inganna-
1 Questa idea è stata più ampiamente svolta nel mio Discorso sull Epopea
fersiana premesso ai miei Racconti Epici di Firdusi, c. II, 9.
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>> 241 <<
tore; percorse la via dell’ utilità 22 pro degli uomini, ma
egli non godè alcun frutto. Il mondo da capo a fondo
è come una illusione e axche di più; #4 esso non dura il
male e il bene per nessuno. i
Hòsheng qguzrdî, signor del mondo, con senno e
giustizia in luogo dell’ avo so si pose sul capo la corona.
Si rivolsero sopra di lui quaranta giri annui 4 sole, sw
di lui cioè pieno il cervello (la mente) di senno e pieno
il cuore di giustizia. Allorquando eg? si fu seduto sul
trono della grandezza, così parlò su quel soglio della
maestà reale: Sopra i sette climi (#zskvar, v. il Vocab.)
sono io re, vittorioso in ogni luogo e di libera volontà,
per comando di Dio vittorioso, cinto strettamente la cin-
tura (cioè sempre pronto, lat. accizctus) per la giustizia
e la liberalità.
D’allora zx o? egli abbellì fuéfo insieme il mondo e
fè piena dé opere di giustizia la faccia del mondo. Primiera-
mente £7 venne alle mani (gli accadde di scoprire) una
nuova materia, ed eg/î con sapienza separò la pietra dal
ferro (scoprì l'uso del ferro). Fece eg capitale (cioè sor-
gente di ricchezza) il ferro risplendente che egli da quelle
rupi traeva fuori. Quand’ egdî ebbe conosciuto (appreso)
tutto ciò, fece (esercitò) l'arte del fabbro, inquantochè di
esso ‘(di ferro) compose bipenni, seghe e scuri. Quando
ciò fu fatto, eg/: fece (trovò) l'arte dell’ acqua, la trasse
cioè dai fiumi (sing.) e inaffiò (lett. accarezzò, abbellì) la
campagna. Fece (aprì) la via all’ acqua per i rigagnoli e i
ruscelli (sing.), e con la sua reale maestà abbreviò la
fatica del lavorar la terra. Allorquando gli uomini, att:
da lui sapienti in ciò, progredirono /ix0 a spargere la
semenza e a4 attendere alla seminagione e alla mietitura,
ciascheduno di essi d'allora ir poi sî preparò il proprio
pane, lavorò /a ferra e conobbe i proprii confini, inquan-
tochè prima che questi fatti (queste cose) fossero preparati
(compiuti), non vi era cibo (plur.) alcuno fuor dei frutti
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> 242
degli alberî, e tutte le opere ‘sing.) degli uomini non
erano in buona condizione, perchè il vestire di loro tutti
era, allora, soltanto di foglie.
Gli avi zostrî avevano anche una legge e una reli-
gione e l'adorazione divina (di Dio) era dinanzi (cioè era
in onore). A quel tempo era il fuoco che ka bel colore,
come (quale) è 074 per gli Arabi il tempio della Pietra
sacra (posta nella Kaaba, v. il Vocab.; Firdusi scriveva
nel 1000 e la Persia già erasi convertita alla religione
degli Arabi); ma il fuoco che è rascosto dentro le pietre,
per lui (Hòsheng) venne manifesto (venne alla luce;
Hosheng trovò l’uso del fuoco), dal qual /woco si sparse
pot la luce nel mondo.
Un giorno il re del mondo (Hòsheng) si recò al
monte con alcuni in ‘compagnia, guardo gli apparì di
lontano una cosa lunga, di colore oscuro, di nero corpo
e veloce al corso. Due occhi aveva al di sopra della
testa come due fonti di sangue; e pel fumo della bocca sua
il mondo diveniva di color fosco. Osservò quella cosa
Hòsheng con attenzione e prudenza, prese una pietra e
mosse a battaglia. Con la suà eroica forza, scagliando
la pietra, stese la mano, 2 il serpe che il mondo ardeva,
saltò lontano dal cercante il mondo (che cerca il potere
del mondo, principe). Sopra una grossa pietra urtò la
pietra piccola, e l'una e l’altra pietra si ruppero in parte.
Uno splendore apparì da ambedue le pietre, e quel luogo
petroso divenne color di fuoco per lo splendore. Non
restò ucciso il serpe; ma, dal secreto (dal luogo dov’ era
nascosto), da quella pietra cz0è, uscì il fuoco. Quardo
alcuno batte il ferro sopra una pietra, da essa vien fuori
una luce. // xe allora, signor del mondo, dinanzi al
Creator del mondo fece adorazione e xe celebrò le lodi,
perchè gli aveva dato in dono quella luce; ed egl quindi
in quel momento fece sì che il fuoco fosse quello a cui si
volgessero gli uomini nel pregare (v. il Vocab.).. E disse:
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> 243 -<
È questa una luce divina; è d’uopo adorarla, se pure
siete vo? (sing.) assennati. Venne la notte, ed il re accese
un fuoco come un monte, ed egli stava în giro atforzo
ad esso con la sua gente. Fece festa in quella notte e
bevve vino, e fece (destinò) il nome di Sadeh a quella
festa felice. Questa festa Sadeh rimase qual ricordo di
Hòsheng; possano essere molti i principi come lui! poichè
egli col far bello il mondo, lo rese felice, e gli uomini
fecero ricordanza di lui in bene.
Con tale gloria divina e fa/e potenza di re, dalle
fiere selvagge, dagli onagri e da? cervi procaci separò i
bovi, gli asini e le pecore (sing. collett.), e trasse al lavoro
quelli ‘ra ess che erazo utili. Il re del mondo Hòsheng
con avvedutezza disse a//a gente: Teneteli separati a
coppie a coppie, con essi lavorate, da essi traete utile
e allevateli perchè rechino tributo a voi medesimi. Dei
quadrupedi uccise quelli di cui è utile il pelo; e trasse
loro la pelle, come scoiattoli, armellini e volpi astute, e
in quarto /wogo conigli che hanno molle il pelo. In tal
maniera con la pelle dei quadrupedi vestì la statura (il
corpo) dei parlanti (degli uomini; v. il Vocad.). Così egli
fece doni e fu liberale e godette e fu contento, poscia
morì (lett., andò), nè restò 47 luz? che la fama sza buona.
Per quarant’ anni, con soddisfazione e contentezza, con
giustizia e liberalità esistette (visse) quel glorioso. Molti
dolori sopportò in questa vita con cure e pensieri in-
numerevoli; ma quando sopravvenne azche per lui il tempo
del bene (del morire), di lui rimase 947 retaggio il trono
della grandezza; il fato non gli concesse lungo tempo 47
vita, e partissi dal mondo quel re Hòsheng con la sue
prudenza. — Il mondo non stringerà wa? amicizia con
te, nè mai ti mostrerà aperto il volto (così parla Firdusi
della instabilità della fortuna).
16*
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>> 244 <<
II. IL RE DAHÀK.
(Vedi l'Znirodusione premessa al testo).
Eravî un uomo in quel tempo della campagna abitata
dai cavalieri armati di lancia (i deserti d’Arabia abitati
da gente bellicosa), re insieme di gran valore e insieme
uomo onesto, f?e20 di sospiri per timore del Reggitor
del mondo (Iddio). Il nome di gwe/ valoroso era Mirdàs,
ed egli per giustizia e per liberalità era %0m20 di supremo
grado. A lui di quadrupedi (sing.) da mungere venivano
a quel luogo (si radunavano alla sua casa) le migliaia
(sing.) di ogni sperze, porchè egli, quell’ uomo di pura
religione, aveva consegnato ai mungitori (da mungere e
da custodire) capre e cammelli e pecore parimente e in-
sieme vacche lattanti ai servi (sing. v. il Vocad.) suoî e
insieme arabi cavalli leggiadramente correnti. A chiunque
poi avesse bisogno di latte, per cotesta cosa desiderata
egli stendeva la mano (cioè concedeva di prenderne libera-
mente). Quest'u0zz0 di pura religione aveva un figlio, pel
quale non aveva parte piccola d'amore. Questo giovane
desideroso di regno (ambizioso) aveva nome Zahhàk
(Dahàk, v. il Vocad.), ed era coraggioso e precipitoso e
imperterrito. Tutti lo chiamavano Biîverasp; tal nome
usavano allora in lingua pehlevica (v. il Vocad.), inquan-
tochè dîvar tra i numeri (sing.) pehlevici è (vale) nella
lingua derî (v. il Vocab.) diecimila; e perchè egli aveva
(lett., erano a lui) diecimila (07027) cavalli (259) arabi con
auree briglie, perciò (#4) gli portavano (gli applicavano)
tal nome. gli giorno e notte per due parti (cioè per
due terzi del giorno e della notte) era (stava) in sella,
soltanto per via (a cagione) di grandezza, non per via
di guerra (cioè: cavalcava non perchè avesse da far guerra,
ma solo per fasto, per superbia).
Ora così fu (avvenne) che un giorno, @/° alba, Iblis
(Ahrimane, il genio del male, v. il Vocab.) venne (si
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> 245 -<€
presentò al giovane Dahàk) in guisa di un-amante-del-bene
(di un uomo onesto); egli portò via (disviò) il cuore del
principe (Dahàk) dalla via del bene, e il giovane concesse
l'orecchio ai detti (sing.) di lui; e veramente gli piacque
il detto di colui, nè eg? era consapevole delle malvagie
opere (sing.) sue; a lui 92x47 abbandonò (diede in potestà)
la mente e il cuore e l'anima pura, e sparse così sul
proprio capo la polvere (cioè: fece danno a sè medesimo).
Allorquando Iblîs conobbe che egli gli aveva dato il cuore,
alle sue arti si volse indicibilmente lieto. Molte parole
gt disse adorne e graziose, orde al giovane il cervello
(la mente) fu (diventò) vuoto di conoscenza (si smarrì,
si lasciò sedurre). /5/îs andava dicendo: Io ho (conosco,
so) molte parole (cose) le quali nessuno fuor di me
conosce. — Il giovane disse: Dil/e e tanto non indugiarti,
insegna/e a noi tu, o omo dai retti consigli — A lui
disse /6/îs: Desidero prima di te (da te) xx patto, e poscia
allora # svelerò veramente queste parole. — Il giovane
era semplice di. cuore e il patto fece con lui, e come
quegli comandò, pronunciò il giuramento, dzcerdo: Il tuo
secreto io non dirò con alcuno assolutamente (lett., dal
fondamento, cfr. lat. /urditus); da te io udirò (ubbidirò a)
qualunque parola tu 72 dirai.
Iblis allora gli disse: Nella fa casa perchè wma, o
giovane celebrato, è necessario qualche altro principe
fuor di te? A che è necessario un padre, quando 2? è
un figlio come te? A. te ore conviene udir da me un
consiglio. Per questo principe carico d'anni (Mirdàs)
resta azcora un lungo tempo (egli ha molto tempo da
vivere ancora), e tu resterai nell’ oscurità. Prendi (occupa)
cotesto suo reale palazzo di gran pregio; a te nel mondo
ben conviene il suo posto. A questi detti (sing.) miei se
tu presti fede, tu sei g7è al (nel) mondo un re.
Quando Zahhàk (Dahàk) ebbe udito cd, fece pen-
siero (diventò pensieroso), e per il sangue (la vita) del
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» 246 «<<
pacire suo ii 00 c.0r8 fi pieno di Gelore AT: disse:
Cio ron è conveniente. Altre cose dimmi. puiché queste
Ciuygo Lon o vmo della serie dei fatti ‘non sono cose da
fari. A dui disse /Mlis: Se tu ti allontani da questa
parola (dalla tua promessa) e ti ritraggi dal patto e
giuramento mio (fatto a me), rimanga pure sul tuo collo
(culla tua coscienza) il giuramento e il patto, sii pre vile
(denza onori), & resti il padre tuo onorato (cioè con
l'autorità di re).
Cost egli portò (trasse) nel laccio il capo (l’anima, la
mente) di guell'uomo arabo (Dahak era figlio di Mirdàs
re degli Arabi, v. sopra), e così accadde che quegli
(Dahik) scelse (segui) il comando di lui (di Iblis). DaXàz
allora gli domandò: Questa ia astuzia (arte, per cui io
possa ottenere il regno) con me (a me) # esponi, nè z0
mi ritrarrò dal consiglio tuo in nessuna maniera. — A lui
disse /00is: To farò (metterò in opera) per te un’ astuzia,
per le quale solleverò fino al sole il tuo capo. Tu sta
attento all'opera 72 affatto, nè mi è necessario l’aiuto
di nessuno. Così come sarà necessario, io farò 72 éutto
compiutamente; tu /ra/azio non trarre dalla guaina la
spada della parola (serba il secreto di ciò che ti confido).
Quel re (Mirdàs) aveva nella sua casa un giardino
assai esilarante il cuore (l'animo). Quel!’ uomo valoroso
soleva. sorgere all’ alba, soleva adornarsi per adorare
Iddio (lett., per parte dell’ adorazione); il capo e il corpo
soleva lavar nascosto (nascostamente) in %g%e/ giardino,
nè a/r servo soleva portar con lui alcuza lampada. —
Per tal tristo scopo il Dévo (Iblis, Ahrîmane) malvagio
scavò una profonda fossa sul sentiero del gi4rd220; poscia
cesti, Iblîis il maligno, con erbe rivestì (ricoprì) questa
fossa profonda e calcò (appianò) la via. Venne la notte;
volse il volto (si diresse) al giardino il capo degli Arabi,
un principe desideroso di gloria. Quando giunse vicino
a quella fossa profonda, ad un tratto a capo-in-giù andò
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> 247
(rovinò) il capo della fortuna di gel re (per dire: il re
stesso). Cadde entro la fossa e s’ infranse sfracellato /e
membra; partì (morì) quell uomo di retto cuore, servitor
di Dio. In ogni bene e zx ogrz male /u guel re uomo
generoso, egli che per il figlio giovinetto aveva /axto
sospirato, e l'aveva nutrito con vezzi e con cura (lett.,
dolore), per lui era lieto e a lui aveva donati tesori (sing).
Cotal figlio di lui, audace e di ree opere, non cercò (non
volle) per via d'amore il patto con lui (non volle essere
amico del padre, non volle unirsi con lui ad un patto),
ma diventò complice d? /6/îs contro il sangue del padre.
— Io ho udito da un sapiente questa storia, che cz0è se
un figlio malvagio fosse arcke un feroce leone, non è
mai (non si fa) però (X@az:) ardito contro il sangue (la vita)
del padre.
Con quest’ astuzia il vile Dahàk, ingiusto, occupò il
trono del padre, sul capo si pose la corona degli Arabi
e fra loro dispensò utile e danno (premiò o punì, secondo
le opere). Allorquando Iblîs vide compiuta cotesta cosa
(lett., vide congiunta, accomodata questa parola), pose
fondamento 24 un altro inganno novello, e disse a lui (a
Dahàk): Poichè a me ti sei rivolto e nel mondo hai
trovato compiuto tutto il desiderio del fo cuore, se così
pure farai ancora un patto cox me, nè ti ritrarrai dai miei
detti (sing.) e farai (eseguirai) il 7720 comando, il mondo
da confine a confine è (sarà) per te (il tuo) regno, le
fiere con gli uccelli e coi pesci (sing.) sono per te (saranno
cosa tua). — Poichè questa cosa fu detta, eg/ un altro
affare incominciò, e intraprese, oh! meraviglia, un’ astuzia
in altra maniera.
Egli fece (lett, ornò) di sè stesso un giovinetto (si
trasformò in giovinetto), pronto nel parlare (lett., dicente
parole), di cuore veggente (avveduto) e di puro corpo.
Tosto egli si rivolse a Dahàk, nè aveva sul labbro altro
dettò fuorchè le sue lodi (sing.); gli diceva zutanto:
Google
>> 248 —=<
Se io sono conveniente per il re, celebre e puro cuoco
sono io. — Quando Dahàk udì cò, lo accarezzò e per
parte (per via, frofter) di freparargli il cibo gli fece
(destinò) un luogo. Il maggiordomo che aveva autorità
spedita (libera nel comando), gli diede la chiave della
cucina. A quel tempo non era molto il nutrimento (i mezzi
di nutrirsi erano scarsi allora), poichè il cibo era privo
(lett, da meno) degli azzziali uccisi (non si usava ucci-
dere animali per cibarsene); 4% uomini infatti a quel
.tempo non mangiavan di nulla fuor che di erbe e di
qualunque altra cose ancora che solleva il capo (spunta)
dal suolo (caz = c:%4 az). Ma poi Ahrîman (Iblîs), dalle
opere ree, fece (concepì) gesto consiglio, fece luogo nel
suo cuore (accolse) all’ intenzione di uccidere gli animali.
Di ogni specie di uccelli e di quadrupedi fece (preparò)
cibi (sing.) e ad un tratto 4 portò al luogo (li apprestò
a Dahak sulla mensa). A guisa di un leone eg? lo
(Dahàk) nutriva col sangue, per questo czoè per far tru- .
culento (crudele) il re, perchè eseguisse (lett., facesse il
comando) qualunque parola (cosa) gli dicesse, e ponesse
come pegno il suo cuore al suo comando.
Da principio gli diede per cibo il giallo delle ova e
con questo lo tenne vigoroso (lo sostentò) per qualche
tempo, e quegli si cibava e veramente faceva lodi di lui
(si lodava assai del novello cuoco). Quel!’ uomo di turbata
fortuna (disgraziato) trovò gusto da (in) quel suo mangiare.
Così 07 disse Iblîis facitor d'incanti: Vivi eterno, o re
potente, poichè io domani (/ardét = fardà + at) ti farò un
cibo di tal maniera che d'esso ti sarà (ti verrà) nutrimento
del tutto (ne userai sempre per nutrirti) — Se ne andò,
e per tutta la notte stette a pensare (lett., prese cura, o
pensiero) qual prodigio dovesse fare alla dimane col cibo.
All’ altro giorno, quando la volta di lapislazzuli (la volta
azzurra del cielo, v. il Vocad.) sollevò e mostrò il fulvo
rubino (il sole), preparò eg cibi 47 carne di pernice e
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> 249
di fagiani bianchi e se n’andò (si presentò al re) con un
cuore pieno di speranza. — Allorquando il re degli Arabi
alla tavola portò (stese) la mano, abbandonò il s%0 capo
di poco senno all’ amore di lui (di Iblis; cioè, Dahàk
| cominciò stoltamente ad amarlo). — Al terzo giorno, /6lîs
gli adornò (imbandì) la mensa di uccelli e di agnelli tutt’
a un tratto e in varia maniera. Al quarto giorno, quando
egli pose la mensa, £# preparò un cibo /afto col tergo
di un giovane bue, in cui erax mescolati zafferano e acqua
di rose e insieme vecchio vino e puro muschio. Allor-
quando Dahàk stese la mano @ quel cedo e ne mangiò,
gli venne meraviglia per quell’ uomo sapiente, e gli disse:
Guarda fin dove è 2 fuo desiderio (pensa cosa desideri
da me); ciò che vuoi mi chiedi, o xo0m0 d' indole pre-
clara. — Il cuoco gli disse: O re, vivi sempre lieto e
obbedito nel #40 comando. Il cuor mio è tutto pieno
d'amore per te (fusf = 4 ast), e tutto il conforto dell’
anima mia è (viene) dal tuo volto. Un bisogno (un desi-
derio) io ho da parte (lett., da vicino) del re, e se
anche questo diritto (lett., fondamento, grado) io non ho,
pure (#24) il re #7 dia comando (mi permetta) che io
baci le sue spalle (sing.) e su di lui (sulla sua persona)
applichi gli occhi (sing.) e il volto mio. — Quando Dahàk
udì il detto di lui, non conobbe (non intese) il suo secreto
intendimento (lett., affare, mercato) e gli disse: Io già ti
concedo (tempo pass.) questo tuo desiderio, purchè (solo
perchè) possa acquistar grandezza il tuo nome. — Permise
quindi che il Dévo, come se fosse l’amico suo, desse
(tempo pass.) un bacio sulle sue spalle. Quando guegî ebbe
dato il bacio, sparì nel suolo (sotterra); nessuno nel mondo
aveva mat vista tal meraviglia. ZYaftanto due serpenti
neri gli sbucarono da ambedue le spalle; eg% restò coster-
nato e da ogni parte cercò un rimedio. Alla fine li
recise ambedue dalle spalle — e ben giusto è (lett., è
conveniente) se per questo raccoxto tu resti nello stupore
Google
> 250 «=
‘tu resti attonito) —; ma come un ramo di un albero
quei due neri serpenti crebbero (si rinnovarono) un' altra
volta sulle spalle del re. — I medici sapienti si raccolsero
e tutti, uno all’ altro, fecero discorsi (si consigliarono sul
da farsi), fecero incanti d'ogni specie, 72 per quel dolore
(male, affanno) del ze non conobbero alcun rimedio. Ma
poi finalmente, alla maniera (sotto l'aspetto) di un medico,
sopravvenne Iblis, s'avanzò vicino a Dahak con avvedu-
tezza, e gli disse: Questo fatto che doveva èssere (accadere),
ora è accaduto (era destino che dovesse così avvenire);
ti arresta, fozchè ciò che deve crescere, non convien
recidere (i serpenti); prepara /oro il cibo e dà loro riposo
col cibo, nè conviene, oltre (g%z) questo, far a/#r0 rimedio
di più (2). Non dar loro a/cux altro cibo fuorchè cervella
di uomini; forse che per questo nutrimento ess? di per
sè stessi (£#4vad) moriranno.
‘Il capo dei fieri Dévi (Ahrîmane, Iblîs) con questo suo
desiderio (proposta fatta a Dahàk) cosa volle o cosa vide
(a qual meta mirava) in questo suo detto, fuorchè (tà,
affinchè) di fare (ordire) secretamente una frode, perchè
vuoto di uomini restasse il mondo? (Ahrimane, genio del
male, vuol distruggere la creazione di Ormuzd che è il
genio del bene, e vorrebbe quindi distruggere anche gli
uomini che sono stati creati da lui).
III. SCONFITTA DI DAHAK.
(Vedi l’Zsroduzione al testo).
Il re Dahàk per quei detti (di Kundrav, v. l'/x704.)
venne in senno e tosto volle partire (lett, si partì);
comandò che ? serv? ponessero la sella a quel suo cavallo
percorritor di strade e sagace; e4 egli sen venne correndo
con un formidabile esercito 47 feroci Dévi insieme e di
guerrieri. Da (0, per) luoghi inaccessibili (lat. 22222) prese
la vîa verso il suo castello, verso i luoghi abitati (v. il
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>> 251 -<@
Vocab.) e pose il capo alla guerra (cominciò l’opera della
vendetta, da che Frédin gli aveva occupata la reggia).
L'esercito di Frédùn (v. il Vocad.) quando fu (plur.) consa-
pevole dî ciò, tutto insieme si volse per quell’ aspra
(lat. 22272) strada (per la quale Dahàk veniva). MNe/
primo scontro dall’ alto dei cavalli di guerra discesero
(lett, si versaron giù) ? gweryzeri, in quel luogo angusto
vennero alle mani. /rfaxto in ogni terrazzo e in ogni porta
erano (si erano raccolti) uomini della città; e chiunque
aveva parte (cognizione) dell’ arte militare, tutti erano in
desiderio di (desideravano) Frédin, poichè eran pieni di
dolore per la violenza di Dahàk. Dalle mura mattoni (opp.
giavellotti, v. il Vocad.), dai tetti pietre e spade e freccie
di legno duro piovevano giù nella via (sopra le schiere
di Dahàk) come grandine da una nera nuvola, nè alcuno
aveva sul suolo un luogo stadz/e (non poteva reggersi in
piedi, non poteva resistere a quei colpi). Dentro la città
chiunque era (plur.) giovane, come axche i vecchi che
erano esperti nella guerra, si mossero verso l’esercito di
Frédùn (si unirono alle sue schiere) e uscirono (diserta-
rono) dagli incanti (sing.) di Dahàk. Della voce degli
eroi risuonava il monte, e la terra era oppressa dai ferri
dei piedi dei cavalli; sopra il capo der combattenti si
agglomerò un nugolo di nera polvere e il cuor delle rupi
schiantò @7 co/f? delle lancie (sing.; espressione iperbolica).
Frattanto da un tempio del fuoco si levò un grido
che diceva: Se anche una bestia feroce fosse fosta sul
trono come re, noi tutti obbediremo, vecchi e giovani
(sing.), nè, ad uno ad uno (tutti), ci allontaneremo mai
dal suo cenno. Ma non vogliamo Dahàk sul trono, quell’
uomo impuro che ha i serpi sw//e spalle (v. il c. antec').
Allora soldati e cittadini (sing.), agglomerati a guisa
di un monte, tutti insieme in una schiera s? spingevano
entro la mischia, oxde da quella splendida città si sollevò
una densa polvere #a/e che il sole diventò pallido (lett.,
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>> 252
color di lapislazzuli). Ma zxfarto Dahàk v2rf0 dalla rabbia
si mosse cercando qualche astuzia (rimedio alla rovina),
e dal suo esercito si rivolse alla sua reggia; coprì di
ferro (d'una maglia di ferro) interamente il suo corpo per
questo, perchè nessuno della folla /o riconoscesse, e si
recò tutt’ ad un tratto (difilato) all’ eccelsa reggia cox in
mano un laccio di sessanta cubiti. Vide eg/? Shehrnàz
(sposa di Dahàk che ora, per i cattivi trattamenti rice-
vuti, congiura con Frédùn contro di lui; v. il Vocad.), la
bella dagli occhi neri, ‘raffenerst secretamente con Frédin
piena di carezze (?, lett, magia, incanto). Ambedue le
sue guancie erano candide come il giorno, e ambe le sue
ciocche 47 capelli (dall una e dall’ altra parte del volto)
nere come la notte, e 22 suo labbro era dischiuso al bia-
simo di (per biasimare) Dahàk. A4//ora ben conobbe Dahàk
che quel fatto era divino (avvenuto per voler di Dio),
che non avrebbe trovato scampo dalla mano del male
ella meritata pena), 0x4 dentro il suo cervello (la sua
anima) si levò il fuoco della gelosia, ed egl? dentro alla
reggia avventò contro di Shehrnàz il laccio direttamente.
Nello stesso tempo. (Xamzàx) egli trasse dalla guaina la
spada acuta, nè aprì il so secreto, nè pronunciò il froprz0
nome (egli infatti s'era travestito per non farsi conoscere,
v. sopra); nel suo pugno era (stava) la rilucente spada,
ed eglî era assetato del sangue delle /axczw/e che hanno
il volto di Perî (Shehrnàz ed Ernevaz, sue spose, che ora
s'erano date a Frédiùn). Quando eg/ ebbe posto il piede
sul suolo scendendo da cavallo, Frédùn si mosse coxztro
dî luî a guisa di turbine, portò la mano (afferrò) a quella
sua clava che-aveva-effigiato-in-cima-il-capo-di-una-giovenca
(v. il Vocad.), la calò a lui sul capo e gli spezzò la celata.
Ma sopravvenne correndo il beato Seròsh (angelo
messaggiero di Dio, v. il Vocad.). Non colpirlo, disse,
poichè non azzora è venuto il suo tempo. Tosto, sfra-
cellatò (calpesto) com’ è legalo come una pietra e porta/o
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> 253 -<t
lontano finchè ti si presenteranno due stretti monti. Entro
quei monti (sing.) siano i suoi ceppi (sing.; sia il suo
carcere), nè vengano a lui (nè possano venire a conso-
larlo) i suoi parenti o i suoi collegati. — Frédùn quand’
ebbe czò udito, lungamente non s’indugiò, ma apprestò un
laccio di cuoio di leone; con quel vincolo gli legò le due
mani e la persona ?% 7040 che nemmeno un elefante
furioso avrebbe sciolto quel vincolo.
Frédin quindi si assise sull’ aureo suo trono (#y
si potrebbe riferire anche a Dahàk, e allora si dovrebbe
tradurre: il trono di lui, di D.), e rifiutò (abiurò, pro-
scrisse) i non belli costumi di lui (di Dahàk). Comandò
che si facesse sulle porte un grido (un bando), cioè: O
principi (lett., celebri) con splendore e virtù (illustri e
virtuosi), non conviene che 2% stiate con gli arnesi della
guerra e per questa via vi cerchiate lode e (0) vituperio.
Non conviene che il soldato e l'artefice, ambedue per
‘ una’ stessa via, cerchino il valore (dar prove di valore).
Uno è dato alle arti, l'altro è armato di clava (ora che
è terminata l'impresa, Frédùn non vuole che ai suoi
guerrieri si mescoli il popolo che prima si era sollevato
ed era accorso sotto le sue armi); e dell’ uno e dell’
altro (lett., di ciascuno) è dex determinata l’opera conve-
niente (ciascuno ha il proprio ufficio), Che se questo
desidera l’opera (si appropria l’ufficio) di quello e quello
l’opera di questo, la terra diventa /osfo interamente piena
di confusione. Pozchè è in catene colui che era impuro
(di origine impura; Dahàk era arabo, dato ad Ahrîmane
ed usurpatore) e delle opere del quale (lett., di lui) aveva
timore il mondo, voi lungamente restate 2% face e siate
lieti e con letizia ritornate ai lavori vostr? proprii.
Udì (obbedì, plur.) la gente alle parole del re, fr0-
nunciate da quell’ uomo pieno di virtù, forxzto di potere
regale; e quindi poi tutti 7 cef4adin: famosi (segnalati)
della città, chiunque cioè aveva porzione d’oro e di tesori,
Google
>> 254 =
se ne vennero (lett., andarono) con letizia e con possessi
(doni, offerte), tutti pronti #e/ cuore al suo comando. Il
saggio Frédiun benignamente li accolse, per via (per
mezzo) della, prudenza conferì loro «ra dignità; a tutti
diede consigli (sing.) e fece za lode, e intanto faceva
ricordanza (favellava) del Creator del mondo. Diceva
frattanto: Questo è il luogo mio; per sorte propizia, la
stella della terra vostra ora è rilucente, poichè Iddio
santo dal mezzo delle genti suscitò noi dal monte Alburz
(v. il Vocab.) per questo, affinchè il mondo per mezzo
della maestà mia per voi diventasse libero dal malvagio.
serpente (Dahàk). Ora, poichè misericordia e? apportò
la benevolenza dî Dio, conviene con rettitudine calcare
la sua strada. lo sono signore del mondo da confine a
confine, nè mi convien seder semze in un luogo solo.
Se no (cioè se potessi), io qui starei e molti giorni
passerei con voi.
I principi dinanzi a lui diedero un bacio alla terra,
e dalla reggia si levò un suono di timballi (sing.). Tutta
la città teneva gli occhi alla reggia, fremente éuffa per
quello che aveva giorni brevi (Dahàk, vicino alla sua
fine), per vedere quando maî Frédin traesse fuori
il serpente (Dahàk) nei vincoli del laccio, così come
conveniva. Ad un tratto uscì la turba dalla città; e
da quella città cke non aveva trovata (ottenuta) al-
cuna parte di dere fer tanto tempo, condussero Dahàk
legato ignominiosamente, gettato piangente sul dorso di
un cammello. Z%éd#x in questa maniera trasse fino a
Shérkhàn (v. il Vocab.).. — Quando tu udrai questa st0r22,
chiama (giudica) guanto sia vecchio il mondo; molti sono
gli avvenimenti che nel monte e nel piano (in tutta la
terra) sono passati, e molti stanno per passare. — In
questa maniera adurgue Fréditn, uomo di vigile (prospera)
fortuna, trasse verso Shérkhàn duramente legato Dahàk,
lo spinse nell’ interno delle montagne e già voleva (stava
Google
do i
> 255 -<
per, #usXXs) abbattergli il capo. Ma in quell istante
sopravvenne il beato Seròsh, e con atto cortese (lett., con
bellezza) gli disse all’ orecchio in secreto: Conduci quest’
uomo legato fino al monte Demàvend (v. il Vocab.) così
correndo e senza questa turba de popolo. Non condur
feco se non (g%z) chi non puoi a meno e nel
tempo della distretta. ti accoglie al seno (ti aiuta), —
Fridin allora, veloce come un corriere, trasse Dahàk
al monte Demàvend, e quivi lo fece (lo pose) in ceppi.
Quando egli ebbe accresciuto (aggiunto) ancora un vin-
colo a quegli a/#? vincoli (sing.), di quello sventurato
‘niuna cosa più rimaneva, yozchè il nome di lui, Dahàk,
era come polvere (aveva perduto ogni valore), il mondo
tutto era diventato libero dal male di lui; eg/ fu tolto
via (allontanato) dai suoi parenti e dai suoi seguaci, e solo
restò entro la montagna. nei suoi ceppi. — ZYéd#x entro
il monte gli scelse un luogo angusto, notò (scelse per
lui) una caverna; il fondo di essa non era manifesto (non
si vedeva); arrecò @//ora gravi chiodi, e in un luogo in
cui dentro non era il suo .cervello (scegliendo quella
parte del corpo in cui non era il cervello; en évitant de
percer le cràne, MoHL; perchè il Seròsh aveva ordinato
a Frédùn di non ucciderlo), gli inchiodò le mani in quel
monte per questo,- affinchè 9227 eg/î rimanesse lunga-
mente in tal durezza di pena. — Vi rimase quegli sospeso
in quel modo, mextre da lui si spargeva sul suolo il
sangue del sxo cuore.
IV. NOZZE DEI TRE FIGLI DEL RE FRÉDUN.
(Vedi l’/ntroduzione premessa al testo).
Serv i re del Yemen chiamò a sè dinanzi il messag-
giero del re (Gendel, servo di: Frédùn, mandato da lui
a Serv per chiedergli le figlie), cox Zu? pronunciò (lett.,
spinse) molte parole con cortesia dicendo: Io sono inferiore
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» 256 —-<
al tuo re; in ogni cosa che egli comanda, io porto
(eseguisco) il suo comando. Digli fer me: «Se tu sei
grande, se i tuoi tre figli per te sono di pregio (hanno
pregio agli occhi tuoi), se i proprii figli (sing.) sono una
gioia per il re (in 3* pers., ma s'intende Frédùn), e vera-
mente essi sono convenienti (degni) del trono, tutte queste
parole che tu 72 hai dette (mi mandasti a dire, 2° pers.,
per mezzo del tuo messo), io accolgo (approvo) e prendo
norma per le figlie (sing.) me. Ma se il re (Frédùn)
cercasse da me i #26 occhi (sing.) e se cercasse la cam-
pagna ab:ftata da eroi (il mio regno) e il trono del Yemen,
tutte queste cose son più vili per me (hanno minor pregio)
delle mie tre figlie, guardo z0 non le vedessi più dinanzi
a me nel tempo che conviene (quando, dopo averle date
ai figli di Frédùn, non le vedessi più come sono solito
alla mia presenza). Ma poi (pure) se tale desiderio ha
il re, non convien muovere il passo se non secondo il
suo comando. Secondo il comando adungue del re, queste
tre figlie mie usciranno dalla mia famiglia in quel tempo
allorquando (allora soltanto che) io potrò vedere i tre
re tuoi (i figli di Frédùn), che vestono di splendore (glori-
ficano) la tua corona e il #40 trono. Vengano ess? lieti
vicino a me; questa casa mia oscura (umile) ze diverrebbe
lucente (ne riceverebbe onore); il cuor #70 alla lor vista
ne sarebbe lieto e4 io vedrei (ammirerei) la vigile anima
(plur.) loro. Dopo, a quel tempo (allora), io consegnerei
loro i miei tre occhi lucenti (le tre figlie) secondo i riti
miei (secondo il costume e le leggi della mia casa).
Quando io vedrò che il loro cuore (dei figli di Frédin)
è pieno di rettitudine, dietro un patto corchzzso con loro
prenderò (stringerò) Zoro la mano con la mano. Se jo?
al re Frédtn verrà bisogno (desiderio) della loro vista,
tosto io li rimanderò al re.»
L'eloquente Gendel, quand’ ebbe udita la risposta,
baciò il trono di lui così come conveniva. Col labbro
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> 257 =
pieno di lodi, eg/ dalla reggia di lui (del re del Yemen)
si diresse verso il signor del mondo (Frédùn). Andò, e
quando giunse vicino a Frédùn, gli disse ciò che colà
(nel Yemen) aveva detto e gza/ risposta aveva udito.
Allora il re del mondo chiamò «a sè i suo? tre figli e le
cose nascoste (sing.) fuori trasse dall’ animo intorno a
quell’ andata (infin.) di Gendel e al suo proprio intendi-
mento, e ogni parola pura (ogni acconcia proposta) pose
innanzi. Così disse: Questo re del Yemen è capo di una
gente, gua/e un cipresso che getta ombra /oxtazo (giuoco
di parole con Serv nome del re e nome del cipresso).
Egli ha tre figlie d’ intatta natura (vergini); non ha figli,
ma le figlie sue sono la sua corona. Se l'argelo Seròsh
trovasse una sposa come quelle, forse dinanzi (ai piedi)
di queste tre darebbe un bacio alla terra (farebbe qualunque
cosa per ottenere una simile sposa). Io per parte vostra
(per voi) le ho chieste al loro padre e preparai ferctò
convenienti (acconcie) parole. Ora conviene che voi an-
diate da lui e di tutto, del più e del meno, poniate cox
luî un prospero consiglio (vi concertiate con lui). Voi
siate pronti nel dire e di molto senno, con ambi gli
orecchi apposti (attenti) ai detti di lui; con dolcezza
rendete risposta alle sue parole, e quand’ 42/7 domanderà
qualche cosa (lett., parola), ponete un retto consiglio (vi
consigliate prima di rispondere); poichè il figlio (lett., il
nutrito, sing. per il plur.) di un re non conviene che non
sia altro che assennato, facondo, di splendido (puro)
cuore, di pura religione e in qualunque fatto (cosa) gli
venga innanzi, previdente, cox la lingua pronta alla vera-
cità; prudenza sza la sola cosa da luî desiderata; i tesori,
da luî dispregiati. Voi ora ascoltate da me tutto ciò
che io #2 dico, fozchè se m? obbedirete, sarete contenti. —
Il re del Yemen è di profonda vista (di acuta mente),
tale che come lui non vi è wessuzo presso’ qualunque
gente, facondo, di splendido (puro) cuore, di bel corpo,
17
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> 2;8 «
degno d'esser lodato fra tutti. Egli ha del pari tesori
molti e del pari eserciti, sapienza del pari e consiglio e
del pari corona, nè conviene che vi trovi g70vani dappoco.
poichè guest uomo sapiente porrà in opera un’ astuzia
per provarvi. Al primo giorno egli farà (appresterà) una
sala da convito e a voi darà il primo posto. Quzz? egli
condurrà le sue tre fanciulle che hanno le gote splendide
come sole, come un giardino di primavera piene di fra-
granze, di colori e di fregi. Farà 6g/ sedere sovra troni
regali (sing.) le tre figlie che hanno le gote splendide come
sole, simili mella persona a uno snello cipresso. Dal-
l'altezza e dall’ aspetto di tutte e tre non distingueranno
(nessuno potrà distinguere) una (nessuna) 47 esse dalla
luna, zemmeno per un poco. Ma voi safpiate che di
queste tre sarà precedente (entrerà per la prima) la
minore, la maggiore di dietro, e nel mezzo quella che
ha il volto simile a luna novella (s'intende la fanciulla di
media età). Sederà la minore accanto al maggior figlio
mio, la maggiore invece accanto al minor principe, quella
di mezzo sederà del pari nel mezzo. — £Zg?? allora vi
domanderà: «Di queste tre /arxcu//e uguali quale rico-
noscete fer la maggiore negli anni (sing.)? quella di
mezzo quale è? e la minore quale? Vi conviene in tal
guisa portar /oro il nome (nominarle, designarle).» — £ vo?
allora dite che quella che è superiore.(al primo posto).
è la minore, non è conveniente il seggio della maggiore
(perchè dovrebbe sedere al primo posto), quella di mezzo,
essa (£4vad) sola, è (sta) nel mezzo giustamente. — Così cox
tal risposta riuscirà dere a te (sing. per il plur.) questo
affare, e ognî ostacolo da parte del re del Yemen dimi-
nuirà (cesserà; qui si usa il tempo pass. come se la cosa
fosse già accaduta).
Tutti e tre i figli, generosi e buoni, tutti col cuore
posto (inclinato, attento, obbediente) al detto del padre,
dal cospetto di Frédùn uscirono, e ze uscirono pieni di
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> 259 «=
sapienza e di avvedutezza. Fuorchè senno e sapere, cosa
mai poteva convenire ad un figlio cui un padre come
quello (Frédùn) aveva allevato?
Allorquando il sole sparse il riflesso della sua luce
per il cielo e stese la porpora sull’ azzurro (lett., lapis-
lazzuli; stese cioè il color rosso della sua luce sul sereno
azzurro), tutti e tre 7 figli di Frédin si mossero, si
apprestarono e vollero seco i sacerdoti come scorta. Pro-
cedettero con una schiera ordizata come il firmamento
tutti quei principi dal volto chiaro come il sole. Allor-
quando Serv (il re del Yemen) fu consapevole del loro
venire, ordinò una schiera raf:damente come la penna
(l'ala) di un fagiano, mandò loro incontro ‘un’ ampia
schiera composta tanto di xomzzi avveduti estranei a//2
sua famiglia, quanto di so? consanguinei. Entrarono
frattanto questi tre valorosi gzovizetti nel Yemen, e fuori
uscirono dal Yemen fer vederli uomini e donne (sing.);
versarono insieme %e//a via gemme e zafferano, e insieme
mescolarono vino con muschio; tutta la criniera dei ca-
valli era piena (sparsa) di muschio e di vino, denari erazo
sparsi sotto i loro piedi. Sorgeva colà un palazzo ornato
come paradiso, co? mattoni tutti rivestiti d’argento e d’oro,
ornato di drappi greci; oh! quante cose desiderabili (pre-
ziose) vi s? vedevan dentro. Qu:vi, entro quel palazzo,
22 re del Yemen li (i figli di Frédùn) accolse; e allor-
quando il giorno diventò notte e li fece più arditi, quel
principe, così come Frédùn gzà aveva detto, trasse fuori
da un /uogo nascosto le sue tre figlie, tutte e tre nel-
l'aspetto come luna risplendente, nè si poteva su di loro
fare osservazione (tener fermo lo sguardo). Si sedettero
tutte e tre insieme in quel segno (maniera) quale l'aveva
detto Frédùn ai nobili suoi figli. Il principe (72%) interrogò
allora è figli di Frédin sul conto di queste tre preclare
fanciulle, dicendo: Di queste tre stelle quale è la minore?
quella di mezzo quale è? e la maggiore quale? Vi
17*
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= 2600 «=
conviene in tal guisa portar Zoro il nome (nominarle,
indicarle).
Quelli allora dissero a quel modo che avevano im-
parato e tosto così trafissero l'occhio dell’ incanto (delusero
l’astuzia di Serv; v. il Vocab... Rimase stranamente con-
fuso Serv del Yemen e parimente stufzrono i principi di
quella gente; tosto conobbe il re valoroso che dall’ ordir
frodi non gli era venuto a/cuz giovamento, orde così
parlò: Certamente questa è la via da seguire —; e diede
în tsposa la minore al minore, la maggiore al maggiore.
In quel tempo che (tosto che) fu compiuto cogesto loro
affare ed ess? ebber concluso il contratto dei loro affari,
le tre fanciulle ornate di serto fogdiendosi dinanzi (dalla
presenza dei) ai tre gzovzzetti coronati, con le lor gote
piene di sangue (di rossore) per vergogna del padre,
si mossero verso la stanza (si ritirarono nelle loro stanze).
piene di colore (di rossore) le gote, 724 col labbro pieno
di dolci voci (detti).
Il capo degli Arabi, Serv, il re del Yemen, apportò
allora vino e raccolse 22 sua casa i bevitori di vino (fece
un banchetto), con cantori ornò /a casa e aprì le labbra
e bevve finchè più oscura si fece la notte. I tre figli
di Frédùn, i tre generi suoi, bevevano vino tutti e tre
alla sua ricordanza (bevevano alla sua salute); ma a quel
tempo che (allorchè) il vino fu superiore al senno (vinse
il senno), quando czoè il sonno e il riposo erano conve-
nienti (sing., necessarii), tosto sul capo (sulla sponda) di
un laghetto di acqua di rose comaridò che loro si facesse
il luogo del sonno (da dormire). Così in ge giardino
sotto gli alberi spargenti fiori dormirono quei tre generosi
di prospera sorte. — /ora il capo degli Arabi, il re
degli incantatori, pensò un szo inganno per tal cosa
(andar-an); uscì egl? da un regale roseto e fece il pre-
parativo di un incanto. Suscitò freddo e un vento
soffiante per questo, a fine cioè di por termine alla vita per
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> 2601 -—<
loro (di farli morire). Così a//ora avvenne che gelò la
pianura ed il giardino, sul ‘capo (al di sopra della cam-
pagna gelata) non osavano volare i corvi. I tre figli di
quel re scioglitor d’'incanti (Frédùn) balzarono dal /oro
luogo (dal letto) per quell’ aspro freddo. Con quella Zoro
divina maestà (di principi Irani, v. il Vocab. v. farr) e
con la prudenza oro, col potere sovrannaturale dei re
Irani e col Zoro valore, ess? chiusero la via (delusero,
distrussero) all’ inganno del mago, e il freddo non fece
su loro alcun effetto (lett., non fece osservazione).
Allorquando il sole sollevò il capo dalla cima del
monte, se ne venne tosto ge// uomo inventor d'incanti,
venne cioè accanto ai suo? tre generi, uomini generosi,
per (#24) vedere le loro guancie divenute livide, ess?
gelati per il freddo e con ridotta ogni opera (cosa) a/-
l'estremo, rimanendogli così le tre sue figlie gua/? eredi.
Tale osservazione voleva eg/ far su di loro (voleva veder
tali effetti del suo incanto), wa il sole e la luna (il cielo)
non eran venuti frofzz7 al suo desiderio. Vide /è i tre
generosi simili a luna novella, seduti sul novello lor trono
reale. S'avvide @//ora che il so incanto non era venuto
in effetto (non era riuscito), cke non era necessario (lecito)
per tal xe portare (costringere alla propria volontà), eg/
stesso (di solo suo moto), la sorte.
Fece quindi il re del Yemen una festa, e tutti i
principi 22 si raccolsero. Zg?? aprì le porte degli antichi
tesori, aprì quello che per qualche emo era stato 7%
secreto (nascosto). Le tre /igZie (accusat.) che avevano le
gote splendide come sole, belle come il giardino del Paradiso,
talî che nessun sacerdote aveva mai piantato un pino
simile a loro, con corone e con tesori, senza aver veduto
(sofferto) alcun disagio, se non che i lor capelli avevax
visto (provato) il disagio dell’ attorcigliamento (erano
stati arricciati col ferro rovente), eg/? (il re) condusse
innanzi, e tutte e tre /e consegnò loro (ai figli di Frèdùn),
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= 263 -«
all’ improvviso le foglie dell’ albero reale (venne meno un
principe, Frédùn, alla famiglia reale, raffigurata qui nel-
l'albero). — Frédùn scelse invece (az 527) della corona e del
trono una solitudine ponendo dinanzi a sè stesso le teste
di quei tre principi (i suoi tre figli, Erag ucciso da Tùr;
Tùr e Salm uccisi da Minòcihr; v. l'/xtrod.). Intanto ad
ogni momento dolorosamente piangeva e viveva nel-
l'affanno; con gemiti ad ogni momento e nel pianto quel
celebrato re andava così dicendo: I giorni miei son
trascorsi e si son fatti oscuri per questi tre /îg/ miei,
diletti e cari, uccisi così con angoscia (così miseramente)
prima di me (opp. dinanzi ai miei occhi), per vendetta,
per desiderio dei miei nemici (sing... Tanto (4am) per
maligna /or natura, quanto (447) per le loro opere mal-
vagie, sul volto (sul capo) di gue giovani /iglî miei
venne (pres. storico) tal male (tal pena). Non portarono
per nessuna ragione il mio comando (non vollero obbe-
dirmi), e il mondo si fe’ tristo sopra tutti guest? tre gio-
vinetti.
Pieno di sangue (di dolore) il cuore e pieno di
pianto le due gote, così, finchè il tempo (la vita) venne
a capo (finì) per lui, Frédùn se ne andò (morì). — Rimase
di lui soltanto il nome, mentre sopra (dopo) questi azvenz-
menti passò un lungo tempo. — Furono (sing.) sempre
(Gamah, totalmente), o figlio, il buon nome e la rettitudine
che fecero (ebbero) vantaggio sopra la sventura. —
Minòcihr 2x/az/0 depose la corona dei re, si cinse la
persona della cintura di color sanguigno (v. il Vocad.).
Secondo il costume dei re, egli fece un sepolcro (v. il
Vocab.) ornato tanto d’oro fulgido, quanto di lapislazzuli;
dentro di esso de-(zî7)-posero un trono d'avorio, e
appesero al di sopra dell’ avorio (sullo schienale) una
corona. Gli eroî d'Irania vennero allora innanzi per
fargli (al morto re) l'estremo salito, così come era la
norma del rito e della religione. Chiusero guzwd? su
Google
= 2604 -<
quel re (Frédtn) la porta del sepolcro, e così quell’ 2070
pregiato si partì umile e dolente dal mondo. — Minòcihr
per una settimana fu con (restò nel) dolore, i suoi due
occhi /uron pieni di lagrime e le due guancie furon pallide.
O mondo, interamente /x sei inganno e vento; per
te- l'uomo sapiente non è maz lieto; tu li (gli uomini)
nutri ad uno ad uno con tenerezza. Che va/ la vita
breve e che za/ la vita lunga? Quando tu cò che haz
dato, vuoi poi riprendere indietro, quale afflizione (che
importa ?) se ciò sarà x fezzo di terra, o se sarà una
cosa preziosa? Se x sei un principe e (0) se /x se un
soggetto (sia che sii o l'uno o l’altro), poichè il mondo (il
destino) ti tronca quest’ alito wzta/e, tutti i dolori e i
piaceri tuoi furono (se ne vanno) come un sogno. Non
volgere il cuor tuo al rimaner qu? 2 terra eternamente.
Felice colui del quale restano come ricordo le opere
buone, se eg è servo o se egli è regnatore (sia che sia
principe o servo).
VI. AMORI DI ZÀL E DI Rûdâbeh.
(Vedi l’Z4roduzione premessa al testo).
Così avvenne che un giorno Z4/ figlio di Sàm fece
questo consiglio (concepì questo disegno) di muoversi nel